La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la legge regionale del Veneto n. 1 del 17 gennaio 2017 che prevedeva multe nei confronti di chi disturba l’attività dei cacciatori e dei pescatori (sentenza n. 148/2018, v. il testo in fondo). E’ questa una vittoria delle associazioni animaliste e dei singoli cittadini amici degli animali che si vedevano privati del diritto di protestare e di difendere gli animali. Quindi, restano consentiti tamburi, piatti, campanacci, trombette in prossimità degli appostamenti dei cacciatori, e immersioni e passeggiate in canoa dove si svolgono attività di pesca.

La norma, che modificava la legge regionale sulla caccia del 1993 e sulla pesca del 1998, aveva introdotto sanzioni da 600 a 3.600 euro per chi “ponga in essere atti di ostruzionismo o di disturbo dai quali possa essere turbata o interrotta la regolare attività di caccia, o rechi molestie ai cacciatori nel corso delle loro attività”.

Il Governo aveva impugnato il testo davanti alla Consulta nel marzo 2017, ritenendo che esso invadesse la competenza statale in quanto legiferava in tema di ordine pubblico e sicurezza, su cui lo Stato ha potestà esclusiva; in particolare, le condotte oggetto della legge del Veneto erano riconducibili al reato di “molestia o disturbo” previsto dall’articolo 660 del codice penale. Altri rilievi del ricorso  riguardavano i «termini generici e privi del sufficiente grado di determinatezza» con cui venivano descritte le condotte punite e infine la sproporzione delle sanzioni amministrative, superiori ad altre già previste in materia dalle stesse leggi venete.

Nella lettera inviata nel marzo 2017 all’allora presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e ai ministri dell’Ambiente, delle Politiche agricole e degli Affari regionali, le associazioni scrivevano: “Questa norma rappresenta un’ ingiustificabile ed illegittima limitazione ai diritti costituzionalmente garantiti a tutti i cittadini , comprese la libertà d’uso del territorio, anche nella propria proprietà. Libertà e diritti che vengono illegittimamente compressi e violati in favore di attività che sono, senza dubbio alcuno, di rango inferiore rispetto al diritto di proprietà, di muoversi liberamente nel territorio italiano, di manifestare liberamente il proprio pensiero, di tutela dell’ambiente e degli ecosistemi, in cui viene ricompresa anche la tutela della fauna selvatica”.

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Accogliendo il ricorso del Governo, nella sentenza i giudici costituzionali (presidente Giorgio Lattanzi, redattore Giancarlo Coraggio) sottolineano che rispetto agli atti di “ostruzionismo” o “disturbo”, la caccia e la pesca vengono rilevate “solo al fine di delimitare l’ambito delle persone offese e l’elemento psicologico”. Non si punta al rispetto di “specifici obblighi settoriali” delle due attività, ma si punta a “garantire il diritto all’esercizio delle attività al riparo da interferenze esterne e di prevenire la possibilità di reazione della persona offesa”. In questo senso, rientrano nella materia “ordine pubblico e sicurezza”, di competenza esclusiva dello Stato.

In precedenza era stata anche bocciata, sempre dalla Corte Costituzionale (sentenza n.174/2017), la legge del Veneto n. 18 del 27 giugno 2016 che prevedeva il “nomadismo venatorio” e altre disposizioni in favore dei cacciatori, in violazione della legge nazionale e dei principi costituzionali sulla tutela dell’ambiente e della fauna selvatica.

Leggi la sentenza integrale della Corte Costituzionale n.148/2018

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