Piatti monouso, un tubo corrugato usato per gli impianti elettrici, le comuni buste per la spesa, grovigli di lenze, sacchi condominiali, l’imballaggio di un detersivo con ancora riconoscibili marca e codice a barre e numerosi altri rifiuti abbandonati in mare. Tutti oggetti che sono ritrovati all’interno dello stomaco della giovane femmina di capodoglio (Physeter macrocephalu) di otto metri trovata morta in Sardegna a Cala Romantica, Porto Cervo in Costa Smeralda. All’interno dell’animale, oltre ai 22 chili di plastica, era presente un feto di oltre due metri in avanzato stato di decomposizione.

Le femmine di capodoglio raggiungono la maturità sessuale all’età di sette anni e l’estro compare ogni tre-cinque anni. Probabilmente quel feto rappresentava la prima e ultima gravidanza di questo esemplare. La scoperta, comunicata dal ricercatore Luca Bittau, è stata fatta dai veterinari dell’Istituto Zooprofilattico di Sassari e della facoltà di Veterinaria di Padova. Per conoscere con certezza le cause della morte sarà necessario attendere gli esami istologico e tossicologici dei veterinari.

La plastica presente nell’apparato digerente del cetaceo era praticamente intatta e la proporzione tra le dimensioni dell’animale e gli oggetti ingeriti è particolarmente significativa. Quantità così voluminose, per gli esperti, vengono solitamente ritrovate all’interno di animali più grandi dell’esemplare relativamente piccolo morto a Porto Cervo.

La plastica, denuncia il Wwf, è uno dei peggiori nemici delle specie marine, insieme a pesca intensiva, inquinamento acustico e cambiamenti climatici.

Il 95% dei rifiuti che soffocano i nostri mari è costituito proprio da plastica. Secondo il Wwf, se non si prenderanno provvedimenti, entro il 2050 nei mari del mondo ci sarà più plastica che pesce.

Oltre il 90% dei danni provocati dai nostri rifiuti alla fauna selvatica marina è dovuto alla plastica, che non solo può essere ingerita dalle specie ma che può anche intrappolarle. Le specie marine ingeriscono plastica intenzionalmente, accidentalmente o in maniera indiretta, nutrendosi di prede che a loro volta avevano mangiato plastica.

Nel Mediterraneo, che rappresenta un’area trappola con livelli record di inquinamento da microplastiche, sono 134 le specie vittime di ingestione di plastica, tra cui sessanta specie di pesci, tutte e tre le specie di tartarughe marine, nove specie di uccelli marini e cinque specie di mammiferi marini.

L’Europa è il secondo maggiore produttore di plastica al mondo dopo la Cina e riversa in mare ogni anno tra le 150 e le 500 mila tonnellate di macroplastiche e tra le 70 e 130 mila tonnellate di microplastiche.

(Foto d’archivio)