(Nella foto, un’attivista cinese salva un cane al Festival della carne di Yulin)

Gatti e cani, la cui carne è ancora consumata in Cina, per la prima volta sono stati esclusi  dall’elenco ufficiale degli animali commestibili. La storica decisione è stata comunicata dal Ministero dell’Agricoltura e degli Affari rurali della Repubblica popolare cinese a seguito della diffusione dell’epidemia di coronavirus la cui trasmissione all’uomo è legata al consumo di animali selvatici.

Nell’elenco pubblicato dal Ministero c’è una lista di animali che possono essere allevati per carne, pelliccia o per scopi medici e cani e gatti non sono tra questi. Il consumo della carne di questi animali non è illegale in Cina, ma rimane minoritario e suscita crescente opposizione da parte della popolazione.

“È la prima volta che il governo cinese sancisce che cani e gatti sono animali domestici e non destinati al consumo”, ha dichiarato in una nota l’associazione americana Humane Society International (HSI), che  stima che 10 milioni di cani vengano uccisi ogni anno in Cina per la loro carne.

Migliaia di canidi vengono massacrati in particolare durante la festa della carne di cane di Yulin, dopo essere stati allevati in condizioni atroci. Gli animali vengono picchiati a morte o addirittura scottati vivi.

Questa decisione arriva dopo il divieto di febbraio sul commercio e il consumo di animali selvatici, una pratica che ha causato la diffusione del nuovo coronavirus. Il commercio di animali selvatici è stato anche vietato durante la crisi della Sars (Sindrome respiratoria acuta) nel 2002-2003, un virus la cui trasmissione era stata anche collegata al consumo di animali selvatici. Commercio che poi si era rapidamente ripreso.

“Apprendiamo la scelta della Cina di escludere dall’elenco degli animali commestibili cani e gatti. Si tratta di una decisione che arriva con anni di ritardo. Ora aspettiamo con urgenza lo stop dei wet market, luogo da dove questa immane tragedia è iniziata”, ha commentato Carla Rocchi, presidente nazionale dell’Ente nazionale protezione animali (Enpa).

(Fonti: Askanews ed Enpa)