Una sentenza della Corte di Cassazione che riguarda l’abbandono di un cane dopo la separazione dei coniugi

Articolo di Filippo Camela, avvocato penalista  studiocamela.webnode.it

La vicenda può essere così riassunta: in costanza di matrimonio, il marito portava in casa un cane bulldog nonostante il dissenso della moglie. Successivamente, la coppia si separa senza prevedere alcun accordo in ordine a chi dovesse prendere in custodia l’animale e accudirlo in modo esclusivo.

Dovendosi allontanare per diversi giorni per motivi di lavoro, il marito chiedeva alla moglie di prendersi cura del cane, che era stato lasciato legato ad un palo all’esterno del presidio sanitario Asl. Trovato da un dipendente della struttura, il cane, dotato di microchip, veniva portato in un canile e successivamente ripreso da una persona delegata del marito.

A seguito di tali fatti, la Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i coniugi responsabili del reato di cui all’art. 727 c.p., che punisce l’abbandono di animali, e condannati alla pena di euro 800 di ammenda ciascuno: la moglie in quanto autrice materiale dell’abbandono, il marito in quanto ha agito nonostante la previsione che la coniuge potesse concretamente abbandonare l’animale.

Sul punto, come affermato dalla Suprema Corte, il reato di cui all’art. 727 c.p. può essere indifferentemente realizzato con dolo o con colpa. Per cui, nessun ostacolo si oppone alla configurabilità del dolo nella forma eventuale, che si realizza quando l’agente, nonostante si sia chiaramente rappresentato la verificazione dell’abbandono dell’animale, si sia comunque determinato ad agire, anche a costo del verificarsi dell’evento lesivo (Cassazione, Sezione III Penale, n. 6609/2020).