Pubblicato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) il primo Rapporto nazionale sullo stato di conservazione degli uccelli in Italia (2008-2012).

Il Rapporto, che nasce dalla collaborazione tra Ministero dell’Ambiente, Regioni e Province autonome, Ispra e Lipu, raccoglie le migliori informazioni disponibili dal 2008 al 2012 sulla demografia (dimensione, andamenti a breve e lungo termine) e sulla distribuzione geografica di 306 popolazioni di uccelli nidificanti o svernanti in Italia. Per ogni popolazione sono state messe in luce le principali minacce per la conservazione e le carenze conoscitive che dovranno essere colmate nei prossimi anni.

La quota di territorio protetto è risultata relativamente uniforme nelle diverse regioni italiane e rappresenta in media il 16% della superficie totale. Particolare attenzione è stata rivolta alla valutazione dell’importanza e del ruolo delle 610 Zone a protezione speciale (Zps) della Rete Natura 2000, che sono risultate strategiche per la conservazione delle specie più vulnerabili. Le Zps ospitano oltre il 50% della popolazione nazionale di almeno 54 delle 90 specie per le quali la Direttiva Uccelli prevede un regime speciale di protezione degli habitat. La maggior parte del territorio protetto si trova in ambiente mediterraneo (53%), seguito da quello alpino (33%) e continentale (14%).

“Gli uccelli rappresentano un importante indicatore delle condizioni ambientali e la scomparsa a livello locale di molte specie riflette l’aggravarsi delle condizioni ambientali, evidente – in particolare – negli ecosistemi agricoli e nelle zone umide, dove la pressione dell’attività antropica è più forte”, spiega l’Ispra. “La perdita di biodiversità è così evidente da essere percepita anche dai non addetti ai lavori, che si accorgono della rarefazione di specie un tempo comuni, associate agli abitati umani e alle campagne, quali la rondine e la passera d’Italia, saldamente presenti nella nostra cultura e nell’immaginario collettivo”.

La popolazione di passera d’Italia, ad esempio, è diminuita di oltre il 30% negli 20 anni, diventando in alcune aree estremamente rara e abbandonando diversi centri abitati. Come per molte altre specie, la causa principale di questa diminuzione è imputabile alla perdita di risorse alimentari durante la riproduzione, in particolare insetti. Ci sono comunque anche molte specie che hanno migliorato il loro stato di conservazione.

Nel complesso, il numero di popolazioni in incremento nell’ultimo decennio (37) è simile al numero di quelle in decremento (41). Sul lungo periodo invece il rapporto si inverte, 37 in aumento, 32 in decremento. Troppo alto il numero di specie per le quali non sono disponibili informazioni sul trend: 33% sul breve periodo e 21% sul lungo. Se ci si limita ad osservare le specie per le quali sono disponibili informazioni sia sulla dimensione di popolazione sia sul trend, la percentuale di specie senza informazioni sale al 60% per entrambi i termini temporali.

Emerge dal Rapporto la necessità di investire maggiori risorse ed energie per colmare il grave vuoto di conoscenze. Le minacce alla conservazione segnalate più di frequente sono risultate le modificazioni dei sistemi naturali (abbandono dei pascoli e delle colture tradizionali), le pratiche agricole (biocidi e fertilizzanti) e l’uso di risorse biologiche (caccia e pesca). Importanti anche le pressioni e le minacce al di fuori del territorio europeo che si ripercuotono sulle popolazioni migratici.

LEGGI IL RAPPORTO

rapporto ispra