In questi giorni in cui dobbiamo restare in casa, Vito Consoli, che guida la Direzione Capitale naturale, parchi e aree protette della Regione Lazio, propone un racconto per i bambini, ma non solo. Buona lettura.
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Mistero nei parchi, di Vito Consoli

C’era un’aria strana nei parchi e nelle riserve naturali. Gli animali che vivevano nei prati, nei boschi, nei laghi e negli altri ambienti naturali non sapevano più cosa pensare.
Eh sì, perché da un po’ di tempo erano quasi scomparsi gli esseri umani. Ormai c’erano rimasti solo alcuni guardiaparco, gli agricoltori e pochi altri.
Non che la cosa, in generale, facesse un particolare dispiacere alle tante altre specie animali presenti. Perché dopotutto gli umani portavano non di rado confusione, disturbo. C’erano, è vero, gli escursionisti bene educati, che non lasciavano mai i loro rifiuti in giro, che percorrevano i sentieri senza urlare, limitandosi a osservare, fotografare e a riposare all’ombra quando faceva caldo o al sole nei periodi più freddi. C’erano gli appassionati di quegli sport, come la corsa di montagna, il ciclismo, l’orienteering, la vela, che si potevano praticare senza arrecare disturbo. C’erano i naturalisti, che frequentavano i parchi per il loro piacere, la loro curiosità, ma anche per studiare come proteggere la natura, compresi gli animali e le piante.
Ma c’erano anche tanti altri umani meno graditi. I turisti caciaroni, che facevano scappare o nascondere gli animali più timidi e solitari; quelli che accendevano fuochi dappertutto, a rischio di far scoppiare degli incendi; quelli che con le loro rumorose e inquinanti auto e moto lasciavano le strade a loro destinate per invadere il sottobosco, i prati, parcheggiare sotto gli alberi, tra le siepi…
Per non parlare dei bracconieri, che andavano a caccia in barba a tutti i divieti, giacché si sa, nei parchi e nelle riserve naturali la caccia è sempre vietata.
Quindi tutto sommato, pensavano molti animali, andava bene così. Però insomma… era strano; e questo preoccupava, come accade quando qualcosa non si riesce a capire.
Tanto più che la cosa sembrava piuttosto diffusa, anzi generalizzata, cioè succedeva dappertutto.
Gli uccelli di passo, che in questo periodo dell’anno stanno migrando verso Nord, per raggiungere i luoghi di nidificazione, dove far nascere i loro piccoli, avevano infatti raccontato che la situazione era praticamente identica in tutti i parchi e in tutte le riserve naturali che avevano sorvolato.
Passavano le ore, i giorni, ma per quanto ci pensassero o ne parlassero tra loro, gli animali non riuscivano proprio a spiegarsi le ragioni di quel curioso fenomeno. Il mistero si infittiva, la situazione appariva davvero incerta.
A rendere ancora più misteriosa la faccenda contribuirono gli storni. Dovete sapere che questi uccelli, che per chi non lo sapesse sono neri con tanti puntini bianchi e dei riflessi metallici (soprattutto in estate), ancora in questo periodo, alla fine dell’inverno e all’inizio della primavera,  in molte zone hanno un comportamento curioso: ogni giorno fanno la spola tra città e campagna. Passano la notte sugli alberi delle città, dove forse trovano una temperatura più mite, ma all’alba volano in grandi stormi verso la campagna, dove evidentemente trovano maggiori disponibilità di cibo.
Ebbene, gli storni avevano raccontato che pure in città la situazione era cambiata, diversa dal solito. Le strade erano molto più vuote del consueto, a volte addirittura deserte, perché la gente era quasi tutta a casa. E che dire delle facce delle persone: anche dall’alto gli storni lo vedevano benissimo: erano preoccupate, talvolta persino tristi o impaurite.
Ma che stava succedendo?
Furono sempre gli storni che aiutarono tutti a capire.
Non da soli, però. Fu fondamentale il contributo di alcuni passeri e di alcuni piccioni.
Lo sapete, no? In città questi uccelli si avvicinano molto agli umani; per la strada, nelle piazze, nei giardini pubblici, ma anche sui terrazzi delle case e sui davanzali delle finestre.
Così non fu difficile per i passeri ascoltare dagli stessi umani quello che stava succedendo. Si trattava di una brutta malattia causata da un virus che gli umani avevano chiamato Covid-19. Una malattia che portava delle bruttissime polmoniti a tante persone, specialmente a quelle anziane o che avevano già una cattiva salute per altri motivi; in un certo numero di casi poteva portare addirittura alla morte. Ma soprattutto era una malattia molto, ma molto contagiosa. Quindi, per sconfiggerla, la cosa migliore era rimanere distanti gli uni dagli altri.
Gli umani si erano dati appunto queste regole: tutti a casa, tranne quando si doveva uscire per necessità che non potevano essere rinviate; e anche in questo caso si doveva stare fuori il meno possibile, si dovevano evitare i contatti tra le persone e indossare delle mascherine affinché eventuali ammalati non potessero contagiare altre persone, per esempio con dei colpi di tosse in grado di diffondere i virus.
Tutte le persone di buon senso rispettavano queste regole.
Ecco perché la gente non affollava le strade e le piazze e soprattutto aveva smesso di frequentare anche i parchi e le riserve naturali. Ecco perché gli enti parco avevano smesso di organizzare le visite guidate, le attività sportive
all’aperto e le tante altre attività con le quali era ormai consuetudine coinvolgere un sacco di persone di ogni età.
E allora?
Allora gli animali decisero cosa fare. Non ci fu neanche bisogno di parlarne, di consultarsi, tanto più che non è facile organizzare una consultazione tra animali molto diversi gli uni dagli altri e tra cui, oltretutto, ci sono sia predatori che prede. Ma in questo caso, dicevamo, non ci fu bisogno di alcuna consultazione, bastava l’istinto di ciascun
animale.
Perché gli animali decisero che la cosa migliore da fare era proprio essere se stessi, continuare a svolgere il ruolo che la natura, grazie a quel lunghissimo processo che gli umani chiamano evoluzione, aveva assegnato loro.
Così facendo avrebbero conservato gli ambienti naturali dei parchi nella miglior condizione possibile, pronti a dare, anche agli esseri umani, tutti quei servizi senza i quali staremmo tutti molto peggio: aria e acqua pulite, cibo e altre risorse, ma anche possibilità di svago, di conoscenza. Perché, si dissero (e si dicono tutt’ora, visto che, ormai lo avrete
capito, questo racconto non è una favola che si perde nella notte dei tempi, ma parla proprio di quello che ci sta capitando in questi giorni), il brutto periodo che gli umani stanno vivendo finirà; la malattia sarà sconfitta e tutti potranno ricominciare a uscire, a incontrarsi.  E allora i parchi naturali saranno pronti ad accogliere nuovamente tutti coloro che vorranno ricominciare a frequentarli.
Sperando naturalmente che tutti noi, a quel punto, saremo grati agli animali e nel ricominciare a frequentare i parchi lo faremo con amore per la natura di questi posti e con riconoscenza per quanto di buono e di bello ci dà, rispettando tutte le regole di comportamento e arrecando meno disturbo possibile agli animali, ma anche alle splendide piante che vi troveremo.
Così questo racconto potrà avere davvero il lieto fine che tutti desideriamo.
Ah, dimenticavo… C’è una cosa che non vi ho ancora raccontato.
Quando gli storni dissero a tutti quello che avevano appreso dai passeri e dai piccioni, raccontarono pure che a quanto dicevano gli umani l’origine della malattia andava cercata in una zona della Cina dove, probabilmente, il virus era passato da alcuni altri animali, forse dei pipistrelli, agli umani, appunto, che poi si erano contagiati a vicenda.
Ebbene, a quel punto le nottole, i ferri di cavallo e gli altri pipistrelli si sentirono in dovere di precisare che loro, i piccoli pipistrelli delle nostre aree protette, con tutta questa storia non c’entravano proprio niente e che anzi, visto che alcuni di loro si nutrono di zanzare e altri insetti fastidiosi e a volte dannosi agli umani, semmai avrebbero avuto diritto a un ringraziamento. E che dire: avevano proprio ragione. Tanto più che in generale… se in Cina o in qualsiasi altro luogo si facesse a meno di catturare e vendere animali selvatici vivi nei mercati e se anche i pipistrelli si lasciassero alla loro vita naturale, sarebbe sicuramente meglio per tutti.

(Acquerello di © Concetta Flore)