Giacomo Leopardi (1798-1837) a dodici anni scrisse questo componimento poetico che rivela il suo amore per gli animali.  Anche altre poesie lo testimoniano. Le pubblicheremo.

Monto sui rostri, e l’oratorio ardire
Nel fervido mio cuor parmi sentire.
Ecco del Can comincio a ragionare,
E del Gatto la causa a perorare.
Ciascun di lor si lagna perchè mai
Possono entrare, senz’aver de guai.
Ognun di calci, e pugni il don gli fa,
E il Gatto, ed il Cagnuol via se ne va.
Orsù dunque ascoltatemi, e vedrete,
Se di trattarli mal ragione avete.
Affin che il conosciate tutti quanti
La più forte ragione io metto avanti.
Se Ciro non aveva e Gatti, e Cani
Come poteva vincer gli Egiziani?
Questi fur quei, che scaccomatto diero
De gli Egizj al valore ardito, e fiero;
E fecer meglio a l’armi Persiane
Di quel che fecer poi l’oche Romane.
Io faccio un sillogismo, e ben vedrete,
Che certo voi non ci resisterete.
— L’oche son grandi — è questa la maggiore;
— I Gatti s’acquistar lo stesso onore
— Dunque; se di concluder mi è permesso;
Son grandi i Gatti — rispondete adesso.
— Nego minorem — subito rispondo,
E vorrei, che sentisse tutto il mondo.
Ma… qui si tratta di Filosofia,
E si deve trattar di Poesìa.
Orsù lasciamo andare i sillogismi,
E i — nego, e probo — e i Logici sofismi.
Lasciamo andare; ma vi prego poi,
Ch’abbiano luogo i Gatti fra di voi;
Che i Cagnuoli oramai sien consolati,
E che i Gatti non più sian disprezzati.
Onde poi debban dirmi “grazie tante”

E scuoter coda, e saltellarmi innante.

Giacomo Leopardi, Puerili, 1810