Questa fiaba è stata scritta e illustrata dai piccoli alunni della III C della scuola “Flavia Casadei” di Viserba (Rimini):

Alessia, Alexandra, Ariana, Aulon,  Carlotta, Catherine, Cristina, Denis, Elisa, Emma, Gabriel, Ilaria, Ivan, Leo, Nicole, Sonja, Svegim, Teodoro, Valentina.

Gli autori l’hanno regalata a YouAnimal.it con tanto affetto. Grazie amici! E un grazie grande anche alla scrittrice Nicoletta Verzicco, che ha guidato i bambini nella stesura della loro favola nell’ambito del “Progetto lettura”, e alla maestra Santa De Rosa, che li accompagna amorevolmente ogni giorno alla scoperta del mondo.
__________

Tutti i giorni si impara qualcosa. Mai un giorno è uguale all’altro. Ogni mattina al risveglio dobbiamo essere pronti ad affrontare l’imprevedibile. Ogni giorno della nostra vita potrebbe rappresentare l’inizio di una storia o la fine di un’altra storia cominciata in un altro giorno. Una giornata è un piccolo pezzo di un grande puzzle, il grande puzzle della nostra vita. Cari bambini, non ditemi che quando alla sera vi coricate nel vostro lettuccio o nel letto di papà e mamma (è così vero?) non pensate a ciò che vi è capitato durante la giornata trascorsa! L’amico del cuore che vi ha confidato un segreto, un piccolo regalo trovato al vostro ritorno a casa, un bel voto a scuola ottenuto con fatica o semplicemente una solenne sgridata da mamma, una litigata con vostro fratello…non avete un fratello?…mettiamola così…una litigata con chi volete voi! Perché questa lunga premessa? Perché quello che sto per raccontarvi è accaduto a una bambina che conosco, ma ciò che le è successo potrebbe accadere a ciascuno di voi, ve lo garantisco!

Arianna ha undici anni e vive in un paese di pochi abitanti, un paese dove si conoscono tutti. Questo paese è stato costruito sopra una collina e attorno a essa ci sono altre colline. E’ primavera e la campagna ha bellissimi colori, il verde intenso delle foglie degli alberi nella boscaglia, il marrone della terra tenuta a maggese, i brillanti colori delle ciliegie nei frutteti e tutto questo si specchia in un cielo azzurro dove il sole brilla indisturbato. La casa di Arianna è ai limiti del piccolo paese, non è tanto grande, ma è semplice e graziosa, ha un bel giardino ordinato e una cancellata bianca che lo circonda. Arianna frequenta la prima media e per raggiungere la scuola che è situata in una città vicina deve prendere un piccolo autobus giallo che accompagna tutti i bambini che vivono nel suo stesso paese e nei piccoli paesi vicini. Sono le sette e la sveglia suona, Arianna la sente, poco dopo con una voce dolce, ma ancora un po’ assonnata la mamma dice alla bimba di alzarsi, è tardi. Velocemente lei va in bagno a lavarsi e poi in cucina a fare colazione, la cartella è già pronta.

– Ciao mamma, vado –

– Ciao tesoro. Ah! Dimenticavo di dirti che oggi non ci sarò quando tornerai da scuola, ti lascerò il pranzo pronto, sarà sufficiente che tu lo scaldi. Ci vediamo stasera, io farò un po’ tardi al lavoro, vedrai che papà arriverà presto. Mi raccomando fa’ la brava! –

– Non preoccuparti mamma, farò i compiti e giocherò un po’ qui intorno – La mamma baciò la bimba sulla fronte e le aprì la porta. Arianna corse lungo il vialetto, aprì il cancelletto e lungo il marciapiede verso la fermata dello scuola-bus. A metà strada incontrò Giacomo, suo compagno di scuola e suo miglior amico. Dovete sapere che Arianna è…come si dice? Un maschiaccio! A lei piace giocare con i maschi e odia tutto quello che fanno le bambine. Salutò Giacomo e si misero a correre come pazzi, giunti alla fermata dell’autobus si bloccarono, si guardarono e si misero a ridere a crepapelle senza motivo alcuno, i bambini fermi lì in attesa li guardarono sorridendo, erano abituati alle marachelle di quei due. Arrivò lo scuola-bus giallo e tutti salirono, si sedettero ai posti e con un velo di tristezza sui loro visi si rassegnarono ad affrontare un giorno di esercizi, dettati, disegni e tutto quello che a scuola si fa…ne sapete qualcosa vero?

Durante il tragitto accadde un fatto strano, ma molto strano per uno scuola-bus giallo…all’improvviso si sentì un gran rumore forte e un sibilo preoccupante…una gomma si era bucata! L’autista preoccupato scese  e iniziò a vagare alla ricerca di un meccanico, lui non era capace di cambiare la gomma, lo so, un autista di uno scuola-bus giallo dovrebbe saperlo fare, ma lui no. I bambini si resero conto che avrebbero fatto molto tardi o magari non sarebbero nemmeno potuti arrivare a scuola e così, diligentemente, mano nella mano come una fila di formichine che trasportano il cibo alla tana si incamminarono verso la loro meta. Dopo tanta strada e altrettanta fatica carichi com’erano degli zaini pieni di libri giunsero a scuola, entrarono attraverso il portone, percorsero tutto il corridoio per raggiungere le loro classi. Notarono che in giro non c’era nessuno, ma proprio nessuno, nessuno nelle aule, nessuno in direzione…insomma…nessuno! Mentre si domandavano il perché si accorsero che camminando i loro piedi facevano delle scintille, come quando si sfregano le pietre focaie una contro l’altra o come quando i fili della corrente elettrica si rompono. I bambini rimasero molto stupiti di quel fatto, ma lo furono ancora di più quando notarono una strana scatola sotto un mobile nel corridoio…anche dalla scatola provenivano scintille! Giacomo, il più coraggioso, decise di prenderla e di aprirla…milioni di scintille fecero apparire uno strano marchingegno che capirono immediatamente…non chiedetemi come…fosse una macchina del tele trasporto! I bambini non ci pensarono due volte toccarono qualche bottone qua e là e nel tempo di un respiro si trovarono sopra un verde prato. Un po’ scompigliati e, vi dico la verità, anche appena un pochino spaventati videro che su quel prato c’era una grande buca, si avvicinarono e…dentro la buca c’era un ascensore! Mamma mia!

– Ma cosa ci fa un ascensore in un prato? – Si domandarono i bambini.

Piano piano vi entrarono. Coraggiosi! Io non lo avrei fatto. All’interno dell’ascensore videro che c’era un solo pulsante, lo premettero e più che velocemente, velocissimissimissimamente si ritrovarono in una miniera che produceva monete d’oro protette da centinaia di grossi toponi neri uno dei quali disse con un vocione stridulo

-Siete nostri prigionieri!-

Che paura! I topastri legarono le mani ai bambini e li portarono in prigione. Poveri loro! Giacomo cominciò a essere preoccupato di non poter tornare più a casa. La prigione dove li rinchiusero era una grotta buia e fredda, i topastri slegarono loro le mani e uscirono chiudendo un grosso cancello pesante e arrugginito lasciandoli lì in quel buio pauroso.  Toccando le pareti cercavano di capire come fosse quel postaccio quando sentirono una vocina provenire da chissà dove nella grotta

-Cosa ci fate qui bambini?

-Chi sei? Dove sei?- domandarono tutti insieme

– Io sono Squitto, vivo in questa miniera, ma i topastri non mi conoscono perché non mi faccio mai vedere. Però posso aiutarvi a uscire da qui-

-Ma come puoi fare? E’ buio qui dentro, non riusciamo a vederti –

Arianna ricordò di avere una torcia nello zaino. Può sempre servire una torcia, no? La prese, la accese e puntandola negli occhi dei suoi compagni disse -Guardate cosa ho!! –

Abbagliati dalla forte luce, ma emozionati i suoi compagni le risposero

-Che bello! Una torcia!-

-Ssssssssssss! Non urlate!- disse Squitto -I topastri vi potrebbero sentire- Arianna illuminò la parte della grotta da cui si sentiva provenire la voce, a quel punto tutti i bambini sorrisero vedendo un topo piiiiiiiccolo, ma proprio piiiiiiiiccolo e molto carino con le zampe appoggiate sui fianchi che li guardava. -Come vi ho detto io vivo qui, nel tempo ho costruito tante gallerie che mi conducono dappertutto nella miniera e anche fuori. Ho pensato una cosa…-  i bambini lo ascoltavano attenti – …ho pensato che potrei raggiungere il luogo dove quei brutti topastri tengono la chiave del cancello che chiude questa grotta, prenderla e aiutarvi a farvi scappare…che ne dite?- I bambini urlarono di gioia -Sssssssssssssss! Smettetela di urlare, i topastri vi sentiranno! Adesso io vado, voi aspettatemi vicino al cancello che chiude la grotta.- detto questo scomparve in un buco nella parete.

Squitto arrivò proprio dove i carcerieri avevano messo la chiave, prima di uscire dalla galleria guardò bene in giro che non ci fossero quei malefici topastri poi con grandissima fatica prese quella pesante chiave che era più grande di lui e la trascinò passettino dopo passettino lungo il tragitto fino alla prigione, giunse tutto sudato e con il fiato corto. Povero Squitto, era stremato, i bambini lo aspettavano con ansia.

-Che sete che ho bambini! E’ stato proprio faticoso, adesso cercherò di infilare questa chiave nella toppa. Uff…uff…uff…- Il topino sbuffava poverino, la chiave grande com’era continuava a cadere, ma lui tra uno sbuffo e l’altro non si demoralizzò e finalmente…clang…clang…clang… la serratura si aprì!

-Per favore dovete fare piano adesso, il cancello è arrugginito e cigolerà quando lo aprirete – I bambini presi dall’immensa felicità di poter uscire da lì non ascoltarono le parole di Squitto, spinsero con forza il cancello che con un rumore assordante si aprì e si precipitarono verso l’ascensore, ma i topastri allertati dal forte cigolio corsero loro dietro urlando

-I prigionieri stanno scappando!-  Il topino coraggioso si attaccò alla coda del capo dei topastri che riuscì solo a infilare il suo grosso muso in mezzo alle porte dell’ascensore che si stavano chiudendo e lì rimase incastrato. I bambini, visto che l’ascensore non poteva risalire in superficie, iniziarono a spingere con forza il muso del topastro e spingi che ti spingi…spatapam!…le porte si finalmente si chiusero e l’ascensore si mosse  mentre sentivano il topastro che si lamentava

-Ahi Ahi Ahi!-

Immaginatevi la scena: il capo dei topastri steso a terra che si teneva il muso tra le zampe lamentandosi dal dolore e Squitto che lo tirava per la coda…un’immagine incredibilmente strana! Mentre accadeva tutto ciò i bambini giunsero in superficie e si ritrovarono sul prato, il sole per un attimo li abbagliò dopo tanto tempo trascorso al buio, ma presto i loro occhi si riabituarono alla luce e senza pensarci un attimo pigiarono tutti i pulsanti del teletrasporto che in meno di un attimo li riportò…a scuola! Un po’ stralunati dall’esperienza appena vissuta non si resero subito conto che tutto era tornato normale, i loro compagni facevano chiasso nei corridoi e gli insegnanti facevano quello che fanno tutti gli insegnanti…preparavano le verifiche da consegnare agli alunni! Quando videro i loro compagni sporchi e spettinati e, aggiungo io, sufficientemente spaventati, chiesero loro cosa fosse successo. I bambini cominciarono a raccontare l’avventura che avevano vissuto, ma nessuno credeva loro, anzi, li prendevano un po’ in giro, ma…a un certo punto…videro che  gli occhi dei loro compagni di fronte a loro si spalancavano e che le loro bocche si aprivano mentre osservavano dietro alle loro spalle. Si voltarono eeeee…santo cielo! Capitan Topastro era sbucato dalla macchina del teletrasporto, sul muso aveva un grosso cerotto e sulle spalle un grande sacco che sembrava molto pesante. Che spavento! Capitan Topastro con un vocione non più minaccioso si scusò con loro per averli rinchiusi nella grotta e aprendo lentamente il sacco davanti a tutti i bambini sbigottiti donò a ognuno di loro una moneta d’oro. Il topastro (ma perché chiamarlo così a questo punto?) il grande topo, Capitan Topo fece, a suo modo, un bel sorriso e i bambini sollevandolo e esultando dalla gioia decisero di festeggiare e di portarlo con loro in un fast food. Lo presero per mano, scusate, per la zampa e lo accompagnarono fuori dalla scuola dove videro…lo scuola-bus giallo perfettamente aggiustato, l’autista come vide il grosso topo scappò a gambe levate. Senza preoccupazione alcuna Capitan Topo si mise alla guida, mise in moto, i bambini salirono e…viiiiaaaaa…verso il fast food! Durante il tragitto decisero di fare finta di partecipare a una festa in maschera (altrimenti come avrebbero giustificato la presenza di un topo al fast food?) e con i trucchi che Arianna aveva nello zaino…fenomenale la ragazzina…si dipinsero il viso, chi come un gatto, chi come una zebra o un elefante e chi come altri animali ancora. Giunti al fast food scesero dallo scuola- bus ed entrarono, tutti li guardavano, ma nessuno si spaventò. E Squitto? Dov’è il topino? A un certo punto videro che il sacco si muoveva da solo, Capitan Topo lo aprì e una testolina di topo sorridente e felice sbucò e disse -Ta-taaaaaaa! Eccomi qui! Volevate festeggiare senza di me?- Felicissimi tutti gridarono, anche Capitan Topo esultò.

-Evviva! Evviva!-

E la festa cominciò!